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6 novembre 2021
rosella lisoni
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Chi sono le madri parallele di cui si racconta la storia nel film? 

Le protagoniste Janis e Ana madri single, molto diverse tra loro, che si incontrano in una clinica per partorire, sole e unite da un destino comune, o le madri che incrociano i destini delle loro figlie senza mai prenderne parte o le madri coraggio di cui è piena la storia dell’umanità?

“Madres paralelas” è un film sull’identità, identità di un popolo, di una nazione e soprattutto sull’identità parentale.

Da sempre affascinato dall’universo femminile, Pedro Almodovar ci regala un film corale, in cui le donne svolgono un ruolo fondamentale, donne forti, donne alla ricerca di se stesse, donne in grado di cambiare le sorti dell’umanità, donne coraggiose, mentre gli uomini spesso rifuggono le loro responsabilità, come il padre di Ana assente e lontano, avvolto dal mistero che lo rende invisibile e estraneo alle sorti della figlia, o uomini che svolgono solo e semplicemente il ruolo di figli.

La ricerca della verità anima il film: verità sulla maternità, verità nei rapporti d’amore, verità parentale sulle vittime della rivoluzione civile spagnola, il dramma è sia individuale che storico.

L’interiorità e l’esteriorità si uniscono, il personale e il sociale sono una cosa sola, l’amore e la morte sono legati.

E’ esattamente questo che il regista spagnolo vuole mostrare col suo film: la morte richiama alla vita, la scena finale del film lo evidenzia, il dramma delle fosse comuni, dei desaparecidos si supera con la nascita della vita, della creazione del mondo, di un futuro migliore.

Film ottimamente girato che si avvale di un ottimo cast, Penelope Cruz in gran forma, musiche originali, interni ottimamente ricostruiti che rimandano all’esteriorità dei protagonisti, come se ogni casa, ogni abitazione ci parlasse dei luoghi della memoria. I colori si fanno più tenui, meno sgargianti di quelli ai quali il regista ci aveva abituati, come se tutto il film fosse pervaso da una delicatezza nuova al regista.

Un Almodovar che sembra aver fatto pace col mondo, che non eccede oltre le righe, che parla di drammi, di politica, di solidarietà femminile ma con un tocco più leggero, quasi magico. Un Almodovar che ha raggiunto un’infinita eleganza morale e narrativa che gli permette di lasciar fluire senza sforzi i sentimenti dei protagonisti.

L’amore negato viene riscoperto e ritorna per indirizzarsi verso un amore per la verità, per la lealtà dei sentimenti. Gli alti e bassi della vita si susseguono e lo spettatore viene trascinato in un vortice di emozioni, di suspence, quasi prigioniero sulle montagne russe.

Il gioco è condotto però con più soavità e leggerezza, senza turbamenti o eccessi di pathos ai quali ci aveva abituato Almodovar. 

Film duro, di denuncia, ma film della maturità in cui il regista ci mostra un mondo crudele, con infiniti drammi e dolori profondi, ma in cui l’uomo o meglio la donna è sempre in grado di trovare soluzioni capaci di rendere migliore l’umanità intera.

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