4 marzo 2022
rosella lisoni
Ricorre oggi il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini: lo sceneggiatore de Le notti di Cabiria”, lo scrittore di Ragazzi di vita, il poeta de Le Ceneri di Gramsci, il drammaturgo di
Calderon, il regista de Il Vangelo secondo Matteo, il giornalista de Gli Scritti Corsari.
E’ la sua assenza oggi che rimanda alla sua presenza.
Manca un intellettuale graffiante, sincero, non asservito al potere, pronto a gettare il suo corpo nella lotta, un intellettuale che ha fatto dei suoi demoni, delle sue debolezze il suo punto di forza.
Manca la “sua luce” come ricordava Oriana Fallaci in una lettera indirizzata a Pasolini in occasione della sua morte.
Manca il suo sguardo lucido sulla società contemporanea, attento a sottolineare i cambiamenti di quella società piegata alle leggi del consumismo divorante.
Manca il suo sguardo capace di gettare l’occhio sul futuro prevedendone i suoi mali.
Manca la voce di un interprete della realtà italiana pronto a scandalizzare con la sua logica.
Scandalizzò il Clero conservatore dirigendo Il Vangelo secondo Matteo, scandalizzò gli Italiani innamorati del progresso asserendo che “il consumismo era un nuovo totalitarismo”, scandalizzò il Potere evidenziando i suoi giochi di Palazzo, scandalizzò i giovani del 68, pronti a scendere in piazza a manifestare, schierandosi dalla parte dei poliziotti, figli dei contadini del sud e non figli di borghesi come i sessantottini.
Il vuoto lasciato dalla morte di Pasolini è incolmabile.
Il ricordo dell’ultimo poeta decadente della letteratura italiana, del poeta maledetto, dell’esistenzialista, dello scrittore confidente nel potere salvifico della letteratura, in grado di cambiare e guarire il mondo è ancora vivo.
E’ bello ricordare, in questo giorno, il grande intellettuale del 900 come colui che celebrò, da laico, la “razza sacra”, come colui che nei suoi film ricercò e celebrò il “recinto del sacro”.
Animato da un profondo senso del sacro, il regista de La Ricotta, celebrò la sacralità degli ultimi, gli invisibili, i reietti della terra; con il film Il Vangelo secondo Matteo delineò il sacro nella ieraticità dei Sacerdoti del Tempio, animati da una lentezza e staticità di movimenti contrapposta alla vitalità e all’attivismo del Cristo in continuo frenetico movimento del deserto, un Cristo rivoluzionario, per questo sacro, venuto a “portare la spada non la pace”; il poeta de La religione del mio tempo celebrò la sacralità della natura, delle saggine, dei campi; e riuscì a prevedere le conseguenze nefaste della perdita del sacro sulla società borghese con il film Teorema che delineala visione distruttiva del sacro, quando esso irrompe nella contemporaneità.
La perdita del sacro è perdita di una crisi positiva interna alla realtà, sacro inteso come forza rivoluzionaria, sacro come logica di insurrezione interna al reale, crisi della fede cristiana si sposta in Pasolini alla crisi sul marxismo come forza rivoluzionaria legata alla forza cristiana.
Egli osservò e patì l’operazione del sacro operata dalla modernizzazione, dal neocapitalismo e dalla borghesia, da lui considerata “una malattia.”
Quella borghesia responsabile dell’eliminazione del senso del sacro dalla vita, che fece della
desacralizzazione una moda piccolo borghese Pasolini scorse nella realtà il sacro, un sacro non trascendente, ma individuabile nel rapporto con l’altro, con la vita.
La ricerca del sacro in lui è rivolta verso la tradizione, verso il passato, verso il mito.
Il sacro identificabile come chiave in grado di cogliere l’identità del mondo antico, gettando anche una luce sul nostro mondo.
Sacro come forza di rottura, sacro come opzione eretica, apocalittica, ciò che fa irruzione nella storia e la rende irta di inciampi, qui il rimando agli Scritti corsari,
La verità, profondamente inseguita di Pasolini, è la realtà sacrale di ogni singolo uomo, il suo spiritualismo lo spinge dalla parte degli ultimi, degli esclusi, degli impotenti.
La verità è la verità della sacralità del singolo.
Nella sceneggiatura di San Paolo, per casi contingenti non ha tradotta in film,
Paolo rappresenta la sua immagine speculare.
.Il Profeta è messo in crisi dal suo stesso movimento, è martirizzato, processato, assolto e ucciso come Martin Luter king, come se andare contro il sistema sia donare la proprio morte
Paolo, novello Pasolini, spinge alla riflessione sull’ideologia del suo tempo.
Religione che si genera come sfida alla religione costituita.
E’ la sua una ricerca di un sacro non trascendente, ma insito nella bellezza di qualunque forma di vita, nella meraviglia della natura.
Un Pasolini dunque multimediale, che ricerca il sacro sia a livello poetico, Pasolini è essenzialmente un poeta, che letterario, che cinematografico.
Pasolini investe la poesia, il romanzo del linguaggio del cinema e nel superamento delle forme canoniche di scrittura si avvicina al sacro.
La metrica viene superata dal montaggio, la sceneggiatura si avvicina alla poesia.
Il sacro viene ricostruito attraverso un’operazione formale che abbraccia sia romanzo, sia poesia che cinema.
Ricerca supportata dal suo infinito sperimentalismo linguistico che lo vide attento a ri-creare un linguaggio e con esso una realtà nuova, a sperimentare una nuova forma che altro non è che la ricerca di una nuova forma di vita.
Fondamentale il rimando all’opera postuma Petrolio in cui la ricerca della forma immerge il lettore nella realtà vivente, non più ricerca linguistica, ma sperimentazione retorica, cognitiva.
Una forma che libera la realtà dal discorso, che ponga il lettore di fronte al romanzo della realtà.
Amante della vita, ma sempre pronto a sfidare la morte, un divo, ma anche un uomo che subì 33 processi, sensibile, mite ma profondamente duro nei confronti delle leggi del Palazzo, un marxista animato da un senso religioso della vita, un grande sperimentatore della lingua italiana, ma ostile nei confronti dell’avanguardia, l’intellettuale e l’uomo di borgata che nel 1950 conosce l’indigenza ma fu in grado di risorgere e diviene un divo, Pasolini incarna le contraddizioni dell’uomo moderno, un’anima divisa in due, in cui il bene e il male convivono, in cui luci e ombre procedono congiuntamente.
Quel che resta oggi di Pasolini, al di là della sua produzione artistica e dei film che hanno reso immortale il cinema italiano, è il suo coraggio, la sua “missione” sociale, la logica eversiva del suo pensiero, la verità come sfida che si pone a favore del riconoscimento dell’altro che mette in in pericolo il sé e non ultimo la sua “disperata vitalità.”
L’interrogativo ancora aperto che pone Pasolini è quale prospettiva, quale impegno politico culturale deve essere seguire ora che il Cristianesimo non ha più eredi visto che il Marxismo è entrato in crisi?