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11 novembre 2021
rosella lisoni
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"Il Bambino nascosto" di Roberto Andò

“Tu mi devi aiutare” implora Ciro, il bambino in fuga, a Gabriele, professore di musica al Conservatorio che ha abbandonato gli agi di una vita borghese per trascorre in isolamento la sua vita nei quartieri spagnoli di Napoli.

L’incontro di queste due solitudini è descritto mirabilmente nella trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo dal regista Roberto Andò. Film soave, delicato, con un cast eccezionale; film in cui i silenzi, gli sguardi, la mimica facciale, la musica giocano un ruolo fondamentale.

“Il Maestro”, appellativo con il quale tutti si rivolgono a Gabriele, trascorre le sue monotone giornate nel bell’appartamento, arredato anche da un’immensa biblioteca, impartendo lezioni di musica, fin quando l’equilibrio non viene spezzato dall’arrivo di Ciro, il bambino del piano di sopra in fuga dalla famiglia legata ai clan camorristici, che si introduce nella sua abitazione in cerca di protezione.

L’elemento poetico è ciò che caratterizza la struttura del film, una narrazione soave, sebbene ricca di temi drammatici e inquietanti in cui la malavita si unisce alla vita delle persone oneste, leali, trascinandoli altrove, in un territorio lontano in cui poter ricominciare, come  ben evidenziato dalla scena finale del film dove la luce dell’alba e la maestosità del mare fanno pensare ad un futuro diverso dall’esistenza trascorsa.

Film di denuncia, duro, che si svolge quasi interamente in un interno, in un appartamento in cui è possibile misurare il senso della vita, la possibilità di riscatto, di amare ed essere amati.

L’uomo “senza qualità”, egoriferito, burbero, l’uomo che ha dimenticato i piaceri della vita e ha deciso di lasciarsi vivere trascorrendo giornate monotone e grigie diviene improvvisamente e senza preavviso un uomo coraggioso.

Scopre di possedere infinite qualità che lo porteranno a sfidare non soltanto il fratello magistrato che gli impone di non farsi più vivo e dimenticarsi di lui, ma anche le leggi della camorra.

A lui il compito “dell’educazione sentimentale” di Ciro, bambino difficile e irrequieto, a lui il dovere morale di proteggerlo e salvarlo per sempre.

In questo rapporto a due complesso e stupendo Gabriele, uno strepitoso Silvio Orlando, riscoprirà la paternità negata, a causa della sua natura e soprattutto riscoprirà il sentimento dell’accoglienza e della tenerezza già insiti nella sua indole ma spesso sopiti.

Anche Ciro imparerà il rispetto e la fiducia, ma soprattutto riscoprirà un punto di riferimento importante, un faro in grado di illuminare la sua buia vita.

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